Fragilità urbane ed experimental governance.
Cantieri di terapia socio-sanitaria come occasione di cura per lo spazio pubblico di Napoli
di: Maria Federico Palestino, Walter Molinaro
Presentato alla XXV Conferenza Nazionale della Società Italiana degli Urbanisti -SIU - Cagliari 15-18 giugno.
In corso di pubblicazione
Parole chiave: Experimental governance, Social practices, Urban fragility
Abstract
Applicando indicatori di fragilità urbana, Napoli è classificabile fra le città del nord globale ove le povertà sono in crescita, la governance sconta arretratezze difficili da contrastare, le istituzioni locali, sottodimensionate rispetto alle esigenze della città, sono impossibilitate a fornire servizi di base a cittadini che, di fronte allo sgretolarsi del patto di fiducia con le istituzioni, si attivano in maniera intermittente. Mentre i servizi comunali si sottraggono alla gestione del verde, che cade in abbandono per carenza di personale dedicato, il Servizio Dipendenze dell’Azienda Sanitaria operante al centro di Napoli sperimenta con successo formule di riabilitazione di soggetti vulnerabili che trasformano la cura dei luoghi in terapia di reinserimento e occasione di rinascita degli spazi pubblici. L’ispirazione basagliana di questo storico approccio di territorializzazione del welfare restituisce qualità e sicurezza ai contesti in cui agisce, trasformandoli in “cantieri sociali” attraverso l’uso mirato delle terapie, riverberando effetti di rigenerazione proprio sugli spazi lasciati in abbandono dai servizi comunali. Se ne deduce che apprendere dalle pratiche socio-sanitarie può innovare la gestione degli spazi pubblici. Prime prove di attivazione civica, realizzate all’interfaccia con il capitale sociale vulnerabile di cui Napoli è ricca, stanno dando risultati – tanto nella città borghese, quanto nella periferia pubblica – attraverso la riconquista e il presidio di spazi sfregiati da usi impropri. È possibile apprendere dalle terapie riabilitative impostando politiche integrate? Utilizzando il frame teorico dell’experimental governance, decostruiamo le pratiche napoletane attraverso le cinque funzioni strategiche introdotte da Eneqvist e Karvonen (2021).
1. Introduzione
Le amministrazioni locali che governano città affluenti si servono intenzionalmente di esperimenti urbani per innovare le politiche pubbliche, accompagnandone la transizione attraverso l’applicazione di obiettivi selezionati dall’Agenda ONU 2030.
Quando l’intreccio fra azioni-pilota di natura innovativa e condizioni contestuali incoraggia a governare sotto l’ombrello della governance sperimentale (Bulkeley & Castan Broto, 2013), i policy maker si trovano immersi entro arene turbolente, dove le reti diventano propedeutiche all’attivazione di setting collaborativi e le politiche pubbliche si alimentano del confronto fra istituzioni e società.
Ci sono studiosi che hanno evidenziato come l’innovazione prodotta dalle sperimentazioni sia per sua natura instabile, al punto da dipendere da istituzioni abilitanti e politiche sofisticate (Bifulco, 2018); altri, invece, invitano ad accorciare le distanze fra istituzioni e società incamminandosi «su ponti leggermente costruiti» (Donolo, 2021).
È innegabile che l’innovazione urbana fiorisca e si moltiplichi in presenza di istituzioni solide e competenti, la nostra tesi, tuttavia, è che si possa apprendere anche da sperimentazioni urbane legate alla necessità di rispondere a fragilità strutturali delle istituzioni, apprendendo dalle pratiche e dalla creatività urbana. Applicare codici analitici e criteri interpretativi per decostruire la governance dell’innovazione socio-tecnica diventa dunque determinante, non soltanto per stabilizzare gli esiti delle sperimentazioni, ma anche per amplificarne e distribuirne gli insegnamenti.
I planner Eneqvist e Karvonen (2021) hanno evidenziato come il legante fra esperimenti (anche molto diversificati per misura territoriale e finalità) sia invariabilmente costituito da combinazioni di sostenibilità, innovazione, co-creazione e apprendimento, e come queste dimensioni si specifichino nello spazio fisico e sociale dove si collocano.
Produrre esperimenti facilita apprendimento e diffusione dell’innovazione, capacitando gli attori sociali. Decostruendo azioni di cura dello spazio pubblico, mostreremo come anche città ricche di capitale sociale come Napoli (Borgomeo, 2022) producano opportunità di apprendimento intorno agli esperimenti urbani.
2. Il dispositivo delle funzioni strategiche
Per trovare chiavi interpretative del caso-studio, faremo riferimento alla performance della governance sperimentale del Comune di Stoccolma, amministrazione fra le più avanzate sui temi dello sviluppo sostenibile (Eneqvist & Karvonen, 2021) che ha fatto dell’innovazione la leva del proprio modello di sviluppo, puntando su forme sofisticate di gestione delle reti collaborative.
A interessare non è la performance del Comune di Stoccolma – da cui Napoli si discosta per la fragilità delle istituzioni che la governano – quanto piuttosto la proposta metodologica con cui Eneqvist e Karvonen suggeriscono di indagare la governance sperimentale. Infatti, nel decostruire gli esperimenti di Stoccolma, gli autori introducono cinque funzioni strategiche adattabili all’esplorazione di modelli di governance diversificati affermando che: «A municipality could perform all these functions simultaneously and have a significant influence on experimental governance or only perform a single function and allow other actors to drive the experimental agenda» (Eneqvist & Karvonen, 2021: 186).
Le funzioni strategiche introdotte per decostruire la governance sperimentale sono: visione, facilitazione, supporto, amplificazione e sorveglianza. Vediamole più dettagliatamente.
Un attore in possesso di visione è colui che promuove traiettorie verso un futuro desiderato collettivamente, definendo un’agenda per le trasformazioni e individuando soluzioni ai problemi. Le amministrazioni locali, ad esempio, utilizzano le visioni per indirizzare politicamente specifiche questioni, per formulare problemi, accordare uffici e dipartimenti intorno a determinate politiche, comunicare la posizione dell’ente o di altre organizzazioni. Gli autori precisano che non debba essere necessariamente l’ente comunale a proporre visioni condivise.
La funzione di facilitazione guida gli stakeholder al raggiungimento degli obiettivi, simulandone l’interazione attraverso implementazione di esperimenti, creazione di fiducia, costruzione di reti, identificazione di risorse e realizzazione di agende comuni.
La funzione di supporto agisce sui processi in maniera passiva, fornendo assistenza nell’offerta di servizi, risorse e attrezzature. Il supporto può anche consistere nell’offerta di luoghi e attrezzature entro i quali gli attori possano compiere esperimenti. Questa funzione è fondamentale proprio per le istituzioni “fragili”. Ovviamente il carattere passivo del sostegno implica scarso controllo dell’agenda sperimentale e difficoltà a usare gli esperimenti come materiali per costruire condivisione a lungo termine.
L’amplificazione offre la possibilità di replicare i risultati dell’esperimento attraverso nuove politiche, regolamenti ecc., favorendo l’apprendimento istituzionale e riorganizzando specifiche operazioni attraverso nuovi protocolli. Oppure diffondendo i risultati ottenuti come pratiche di successo.
La funzione di sorveglianza garantisce l’interesse generale delle pratiche sperimentali, tutelando i valori pubblici delle comunità di utenti senza fare prevalere gli interessi degli stakeholder coinvolti nell’esperimento.
3. Territorializzazione del welfare versus rigenerazione dello spazio pubblico
Di seguito testeremo le funzioni strategiche per esplorare tracce di governance sperimentale entro esperienze di territorializzazione del welfare avviate con pratiche socio-sanitarie che, contrastando la fragilità delle istituzioni preposte al governo del territorio, hanno prodotto esiti innovativi.
L’Atlante globale Fragile Cities curato da Muggah (2016) insieme all’Igarapè institute di Rio de Janeiro, il World Economic Forum e il network 100 Resilient Cities attribuisce a Napoli un livello medio di fragilità dovuto a disoccupazione, redditi diseguali, criminalità e difficoltà di accesso ai servizi.
Se è vero che la dimensione istituzionale della fragilità urbana risiede nell’incapacità di adempiere al patto sociale fra amministrazioni e cittadini (Selby & Desouza 2017), Napoli vive pienamente questa fragilità. Un recente rapporto sulla gestione del PNRR evidenzia, infatti, come la città abbia difficoltà «sia nella fornitura di servizi ai cittadini, sia nella realizzazione di infrastrutture» (Viesti, 2023: 4).
Negli ultimi dieci anni il numero di dipendenti comunali è stato ridotto del 46%[1] e l’amministrazione «ha dovuto fronteggiare un continuo e crescente depauperamento della forza lavoro» (Comune di Napoli, 2021: 16) con un percorso di risanamento del bilancio che ha influito sull'operatività dell'apparato amministrativo. I tagli hanno fiaccato la performance amministrativa, incidendo sull’efficacia delle politiche urbane, come è possibile verificare misurandone gli effetti sulla manutenzione del verde urbano dove, dai mille giardinieri del 2011, si è arrivati ai cinquanta del 2023, causando l’abbandono degli spazi pubblici cittadini[2].
Quota parte di queste criticità è stata contenuta da un’offerta di pratiche socio-sanitarie con effetti benefici sulla cura del verde urbano lasciato in abbandono. Si tratta di azioni sviluppate, a partire dal 2010, per iniziativa dell’Azienda Sanitaria Locale Napoli 1 (ASL Na1), in sinergia con alcune cooperative sociali iscritte al Consorzio Gesco.
Ci focalizzeremo, in particolare, sulle attività socio-sanitarie gestite dalla cooperativa sociale Era, coordinatrice per conto di Gesco delle strutture intermedie che supportano il Servizio Dipendenze della ASL Na1 nella gestione di pazienti in terapia riabilitativa dal consumo di droghe.
Il successo di queste pratiche è consistito nel puntare su terapie place-based che hanno fatto del reinserimento l’occasione per ricostruire comunità intorno al paziente, trasformandolo in agente di rivitalizzazione di luoghi restituiti al quartiere attraverso eventi aperti alla fruizione pubblica.
L’approccio ispiratore è quello della «città che cura» (Rotelli, 2018), evoluzione del processo di deistituzionalizzazione inaugurato dalla psichiatria basagliana attraverso il superamento del modello manicomiale basato sulla ospedalizzazione, in seguito rivisitato e attualizzato dallo psichiatra Franco Rotelli.
Figlie della stagione di riconversione degli ospedali psichiatrici (Vitale, 2009), le attività trasformano i luoghi in “cantieri sociali” attraverso l’uso liberato delle terapie riabilitative (Bifulco & Vitale, 2003; Bifulco et al., 2008). L’eredità basagliana è tuttora in evoluzione: a Trieste, per esempio, ha gemmato il progetto “Microaree” con il protagonismo di anziani utenti di stabili di proprietà dell'ATER (de Leonardis & De Vidovich, 2017). A Napoli, invece, ha ispirato le terapie della ASL Na1, mettendo al centro l’agency del territorio abbandonato e permettendo a due vulnerabilità di rafforzarsi reciprocamente.
Riconoscendo la potenza degli approcci di territorializzazione del welfare (De Leonardis & Monteleone, 2007), decostruiremo brevemente le pratiche con cui Parco Fratelli De Filippo e piazza Salvatore Di Giacomo sono state restituite alla città facendo del recupero dello spazio fisico una metafora di resilienza nella ricerca di guarigione e riscatto sociale.
4. La cura come legante fra spazio e attori
Affrontiamo l’invito di Eneqvist e Karvonen a utilizzare le funzioni strategiche entro situazioni e contesti differenti dalla città di Stoccolma. Lo facciamo decostruendo due pratiche sperimentate da Gesco attraverso la strategia “Verdefacendo” per verificarne la traducibilità in indirizzi per l’attivazione di politiche gestionali.
Ci interfacceremo, dunque, con la visione veicolata dalla ASL Na1 attraverso l’attivazione di dinamiche di innovazione socio-ecologica e creatività imprenditoriale rispetto alle quali il Comune di Napoli eroga funzione di supporto, mentre le restanti funzioni sono coperte dalla ASL coadiuvata da cooperative sociali e rappresentanze della società civile.
Analizziamo, innanzitutto, la rinascita del parco urbano Fratelli De Filippo. Quarta attrezzatura a verde per estensione cittadina, il parco fu concepito negli anni ‘80 come equo risarcimento alla carenza di servizi delle periferie. Chiuso a seguito di vandalismi, più volte ristrutturato e riaperto dal comune, il parco è stato definitivamente interdetto alla fruizione collettiva dal 2008 al 2015, anno della progressiva riconversione ad orti sociali e riapertura alla collettività grazie alla concessione di un affido al Centro Diurno Lilliput, struttura intermedia del Dipartimento Dipendenze della ASL Na1.
Funzione di visione
Con la volontà di spezzare lo stigma legato al consumo di droghe, viene sviluppato un progetto di riabilitazione dei pazienti che restituisce alla collettività un bene negato. L’opera di dissodamento della terra, insieme alla piantumazione di ortaggi e alberi da frutta è veicolata come dono che i pazienti in cura indirizzano alla comunità di Ponticelli per esserne riaccolti.
Funzione di facilitazione
Per accompagnare il reinserimento, la cooperativa sociale Era consolida una comunità di intenti intorno alla riconversione del parco a orti collettivi, collaborando con scuole, parrocchie, associazioni, cittadini e famiglie intenzionate a coltivare. Parallelamente all’elaborazione di un regolamento condiviso e di eventi pianificati, gli utenti vengono formati al mestiere di ortolani attraverso il tutoraggio volontario di pensionati in possesso dei know-how ereditati dalla cultura rurale della Ponticelli pre-industriale.
Funzione di supporto
Il lavoro degli utenti, inizialmente remunerato con borse-lavoro attinte dal budget della sanità pubblica, prosegue con elargizioni di benefattori. L’affido del parco, già siglato nel 2015 attraverso un protocollo d’intesa fra Comune e ASL, si rinsalda con un accordo di collaborazione inter-istituzionale Comune/ASL deliberato dalla Giunta comunale nel 2019. Oltre al Dipartimento Dipendenze, l’accordo vede come firmatari i servizi comunali afferenti agli assessorati Verde urbano e Sport e Politiche sociali. Spetta alla ASL gestire apertura e chiusura del parco secondo gli orari cittadini e, contestualmente, portare avanti, insieme a un Comitato cittadino, il progetto di “orto della salute a scopo sociale”.
Funzione di amplificazione
L’orto sociale richiama l’attenzione di studiosi di tutto il mondo in visita entro progetti di ricerca europei. Il Centro Lilliput viene coinvolto in numerose esperienze di formazione, diffondendo la buona pratica fra amministrazioni dell’area metropolitana di Napoli.
Funzione di sorveglianza
Il Comitato cittadino condivide con gli abitanti di Ponticelli la conversione ad uso collettivo della ex attrezzatura da standard. Il Comitato è garante di usi quanto più possibile allargati e condivisi degli spazi ad orto sociale, sperimentando collaborazioni per il bene comune secondo i dettami della Delibera di Giunta comunale 63/2019 per la cura del verde urbano.
Nel quartiere residenziale di Posillipo le attività di cura e manutenzione di piazza Salvatore Di Giacomo vengono presidiate dal Centro Diurno Palomar. Presente dal 2010 entro una sede prossima alla piazza, Palomar adottò un approccio rigenerativo già in fase di insediamento, creando sul sedime di un vecchio parcheggio un orto curato insieme agli utenti. Dopo alcuni tentativi falliti di attirare la cittadinanza, le attività sono state localizzate fuori, installando un laboratorio di florovivaistica e organizzando incontri per la vendita di composizioni floreali e prodotti ortofrutticoli che hanno facilitato l’interazione utenti/residenti. Ai primi segnali di integrazione, si è deciso di realizzare un progetto di cura della piazza degradata, una volta florida di usi per la presenza di bar, ristorante, giochi per bambini, nonché della fermata del trasporto pubblico su gomma.
Funzione di visione
Uno degli obiettivi principali del progetto, come a Ponticelli, è stato spezzare lo stigma del consumatore di droghe, reintegrandolo nella società. Il lavoro è proceduto per step: innanzitutto favorendo la vendita porta a porta di prodotti coltivati nell’orto e creando occasioni per costruire legami fra utenti, commercianti e abitanti; in secondo luogo trasferendo agli utenti competenze di giardinaggio.
Funzione di facilitazione
Centro Palomar, APS Oltre il giardino e cooperativa sociale l'Aquilone Services per il reinserimento lavorativo cooperano alla cura della piazza dal 2019, coinvolgendo gli utenti. Nel 2021, puntando sul coinvolgimento di aziende ed esercenti di zona, vengono individuati nuovi promotori. In questa fase la cooperativa l’Aquilone Services procaccia finanziatori, mette in campo microeconomie, costruisce reti ed identifica risorse, mentre all’APS Oltre il giardino coordina le attività e crea fiducia, attivando percorsi di empowerment legati all’esperienza del giardinaggio.
Funzione di supporto
Gli utenti sono remunerati con borse lavoro e tirocini formativi nel campo della florovivaistica. I fondi vengono prelavati sia dalla sanità pubblica che dai proventi dei privati. L’affido delle aree si appoggia alla formula “Adotta un’aiuola”, nata in convenzione con il Comune di Napoli per svolgere operazioni di riqualificazione verde di spazi pubblici.
Funzione di amplificazione
La collaborazione ha permesso di promuovere un upscaling della pratica, configurando la possibilità di replicare gli interventi su tutte le aree pubbliche del lungomare di Mergellina, nonché in altri settori del centro storico.
Funzione di sorveglianza
Il successo della pratica ha risvegliato il controllo di residenti e commercianti sulla piazza.
5. Conclusioni
Ipotizzare forme di risposta strutturata alle fragilità urbane, da intendersi come dispositivi per apprendere dalle pratiche, fornisce strumenti per valorizzare scientificamente la ricchezza di capitale sociale di cui una città è dotata. Ciò evita l’errore di divulgare città complesse come Napoli – dove pratiche e politiche, istituzioni e società, punti di forza e debolezza hanno confini sfumati – come un condensato di luoghi comuni, o un motore di improvvisi, inspiegabili miracoli.
Ricorrendo alle funzioni strategiche, è stata decostruita la promettente intersezione fra politiche sanitarie, risposta piena degli utenti e adesione dei cittadini. Adesione fortemente strutturata intorno a un regolamento e una serie di routine ben cadenzate nel caso dell’orto sociale di Ponticelli, dove il recupero è stato spinto dalla partecipazione convinta degli abitanti; adesione più guidata dall’interesse dei commercianti nel caso di Posillipo, dove gli abitanti sono stati richiamati dall’esigenza di ripristinare il decoro della piazza.
L’esplorazione ha messo alla prova l’utilità delle funzioni strategiche nell’interpretazione del ruolo defilato dell’amministrazione comunale che, in totale contro-tendenza rispetto a Stoccolma, mostra povertà di personale addetto alla gestione del verde; difficoltà nella regia e nel monitoraggio dei dispositivi dell’affido e dell’adozione che hanno permesso ai volontari di riappropriarsi degli spazi abbandonati; ritardi della macchina amministrativa, che opera per settori, senza promuovere sinergie politiche fra assessorati, né avanzamenti nelle competenze tecniche degli uffici. Non a caso, l’unica funzione esercitata dal Comune di Napoli rispetto ai casi esplorati è quella passiva di supporto, consistita nella cessione di superfici alla ASL Na1, defilandosi perfino dall’obbligo contrattuale di garantire la sicurezza pubblica relativa al taglio dei grandi alberi sottoposti agli effetti del cambiamento climatico.
Utilizzando la lente delle funzioni strategiche abbiamo compreso che, nonostante la città sia carente di risorse dedicate al governo del territorio, non tutte le istituzioni locali sono ugualmente fragili. Il Servizio Dipendenze della ASL Na1 può contare ad esempio sulla connessione fra servizi intermedi calati sul territorio di appartenenza e cooperative sociali di sponda fra gli utenti e le comunità di appartenenza. Diversamente dalle municipalità, sedi territoriali con cui il Comune governa il territorio di Napoli – da Ponticelli a Posillipo – i centri intermedi della ASL riescono, grazie al lavoro imbastito dalle cooperative per la tenuta del tessuto sociale, ad avere una penetrazione nei quartieri di riferimento che fa la differenza. Questo lavoro territoriale di base consente, al momento opportuno, di approntare reti finalizzate all’implementazione di specifici progetti. Che tali progetti potrebbero essere più ricchi, articolati e complessi, come succede in città solide e affluenti, è tema che esula da questa conclusione.
Bisogna, infine, riflettere sulla fertilità della visione connessa ai processi di territorializzazione del welfare. Infatti la terapia che riabilita l’utente – spronandolo a curare il proprio spazio di vita e la comunità che vi gira intorno – innesca la resilienza di comunità vulnerabili e soggetti stigmatizzati.
In particolare, facendo riferimento alla rigenerazione del parco Fratelli De Filippo, l’esperienza dell’orto sociale insegna alla sterilità dei modelli di gestione e cura dello spazio pubblico veicolati attraverso le attuali formule di rigenerazione urbana che, puntando sull’ «estetizzazione del pericolo» (Zukin, 1995) anziché sulla presa di controllo del territorio da parte delle comunità insediate, risultano inadatte ai contesti fragili.
Attribuzioni : Gli autori hanno condiviso l’impostazione generale del paper anche se la redazione dei paragrafi 1 e 5 è da attribuire a Palestino, la redazione dei paragrafi 2, 3 e 4 è da attribuire a Molinaro e Palestino.
[1] Cfr. https://www.comune.napoli.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/24882)
[2] Intervistando un funzionario dell’ufficio competente è emerso che ai giardinieri comunali, suddivisi in quattro squadre, si affiancano sporadicamente novanta dipendenti di cooperative sociali. e un centinaio di percettori di reddito di cittadinanza.
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Sitografia
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https://www.comune.napoli.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/22970/UT/systemPrint